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[vc_row][vc_column][mpc_vc_deco_header type="h2" align="left" text="Descrizione"][vc_column_text]Sinossi
Teatro del carcere di Rebibbia. La rappresentazione di Giulio Cesare di Shakespeare ha fi ne fra gli applausi. Le luci si abbassano sugli attori tornati carcerati. Vengono scortati e chiusi nelle loro celle.
SEI MESI PRIMA
Il direttore del carcere e il regista teatrale interno spiegano ai detenuti il nuovo progetto: Giulio Cesare.
Prima tappa: i provini. Seconda tappa: lincontro con il testo. Il linguaggio universale di Shakespeare aiuta i detenuti-attori a immedesimarsi nei personaggi.
Il percorso è lungo: ansie, speranze, gioco. Sono i sentimenti che li accompagnano nelle loro notti in cella, dopo un giorno di prove.
Ma chi è Giovanni che interpreta Cesare? Chi è Salvatore - Bruto? Per quale colpa sono stati condannati? Il fi lm non lo nasconde.
Lo stupore e lorgoglio per lopera non sempre li liberano dallesasperazione carceraria.
Arrivano a scontrarsi luno con laltro, mettendo in pericolo lo spettacolo.
Giunge il desiderato e temuto giorno della prima. Il pubblico è numeroso e eterogeneo: detenuti, studenti, attori, registi.
Giulio Cesare torna a vivere, ma questa volta sul palcoscenico di un carcere. è un successo. I detenuti tornano nelle celle. Anche Cassio, uno dei protagonisti, uno dei più bravi.Sono molti anni che è entrato in carcere, ma stanotte la cella gli appare diversa, ostile. Resta immobile. Poi si volta, cerca locchio della macchina da presa. Ci dice: Da quando ho conosciuto larte, questa cella è diventata una prigione.
Note di regia
Fu unamica a noi cara che ci disse di essere stata poche sere prima a teatro, e di avere pianto; non le succedeva da anni. Andammo a quel teatro, e quel teatro era un carcere.
Il carcere di Rebibbia, sezione di Alta Sicurezza.
Attraverso cancelli e inferriate arrivammo davanti a un palcoscenico, dove una ventina di detenuti, di cui alcuni ergastolani, dicevano Dante, la Divina Commedia. Avevano scelto alcuni canti dellInferno e ora nellinferno del loro carcere rivivevano il dolore e il tormento di Paolo e Francesca, del conte Ugolino, di Ulisse Li raccontavano ciascuno nel proprio dialetto, confrontando a tratti la storia poetica che evocavano con la storia della propria vita. Ci ricordammo le parole, e il pianto, della nostra amica.
Sentimmo il bisogno di scoprire con un fi lm come può nascere da quelle celle, da quegli esclusi, lontani quasi sempre dalla cultura, la bellezza delle loro rappresentazioni.
Proponemmo al loro regista interno, Fabio Cavalli, il Giulio Cesare di Shakespeare.
Lo abbiamo realizzato con la collaborazione dei detenuti, girando nelle loro celle, nei cunicoli per lora daria, nei bracci della sezione e infi ne sul loro palcoscenico. Abbiamo cercato di mettere a confronto loscurità della loro esistenza di condannati con la forza poetica delle emozioni che Shakespeare suscita, lamicizia e il tradimento, lassassinio e il tormento delle scelte diffi cili, il prezzo del potere e della verità.
Entrare nel profondo di unopera come questa signifi ca guardare dentro se stessi: soprattutto quando si lasciano le tavole di un palcoscenico per tornare a chiudersi dentro le pareti di una cella.
Paolo e Vittorio Taviani
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